Lo stile educativo dei docenti si ispira a criteri di ascolto, accompagnamento, interazione partecipata, mediazione comunicativa, con una continua capacità di osservazione del bambino, di presa in carico del suo mondo, di lettura delle sue scoperte, di sostegno e incoraggiamento all’evoluzione dei suoi apprendimenti verso forme di conoscenza sempre più autonome e consapevoli.
Nella relazione educativa gli insegnanti svolgono la funzione di mediazione e di facilitazione e, nel fare propria la ricerca dei bambini, li aiutano a pensare meglio, sollecitandoli ad osservare, descrivere, narrare, fare ipotesi, dare e chiedere spiegazioni in contesti cooperativi e di confronto diffuso… Gli insegnanti accolgono, valorizzano ed estendono le curiosità, le esplorazioni, le proposte dei bambini e creano occasioni di apprendimento per favorire l’organizzazione di ciò che i bambini vanno scoprendo”( D.M. 254 del 16 novembre 2012 in G.U. n. 30 del 5 febbraio 2013)
Il nostro stile educativo richiede nell’educatore alcune caratteristiche:
pazienza, dolce fermezza, amore, dedizione, dialogo, perdono.
Nella vita scolastica quotidiana vengono richieste ai docenti, oltre ad un’accurata preparazione disciplinare e ad una conoscenza puntuale delle più recenti metodologie didattiche, delle competenze comunicative che diventano la prerogativa indispensabile per la creazione di una buona interazione. Affinché realmente si crei una sintonizzazione affettiva, le docenti utilizzano la tecnica dell’ascolto attivo: cioè essere sempre pronte a ricevere i segnali trasmessi, a volte in modo confuso, dagli allievi. Per ascolto si intende la disponibilità per ciò che viene detto e fatto al fine di trasmettere agli alunni la convinzione del loro valore in quanto soggetti, le risposte alle loro domande e la decodificazione dei contenuti latenti nei messaggi. Il ruolo dell’insegnante è quello di interpretare comportamenti, reazioni e improvvisi cambiamenti di umore e di aiutare il discente a prendere coscienza di quello che gli sta avvenendo, mettendolo in condizione di riflettere, capire e parlare. Perché l’ascolto sia veramente attivo deve configurarsi come realmente empatico ovvero “la capacità di comprendere il modo di essere-nel-mondo di un altro dal di dentro, riuscendo ad immedesimarsi nella sua condizione e a penetrare la sua dimensione di interiorità”. L’empatia è la capacità di intuire e leggere fra le righe, di captare le spie emozionali, di cogliere anche i segnali non verbali indicatori di uno stato d’animo e di intuire quale valore rivesta un evento per l’interlocutore, senza lasciarsi guidare dai propri schemi di attribuzione di significato: diventa così possibile comprendere atteggiamenti e comportamenti apparentemente assurdi, e rispondere soddisfacendo i bisogni specifici di un soggetto. Un ambiente educativo capace di agire in questo senso integra e sostiene la struttura della persona in difficoltà e, allo stesso tempo, crea un clima di fiducia. Per Rogers la comprensione empatica ha una posizione centrale all’interno della relazione educativa che significa innanzitutto “difendere e incrementare il potenziale di umanità dell’alunno”. Lo studioso C. Rogers pone al centro di tutto il processo educativo la relazione fra insegnante e allievo, fondata su stima e rispetto reciproci; in questa ottica l’insegnante deve essere autentico e l’allievo deve sentirsi accolto e amato.
Le dimensioni dell’ambiente sono identificate:
Gli aspetti relazionali e comunicativi posti in risalto costituiscono per la nostra scuola, lo sfondo su cui si stagliano gli altri elementi.
Il “clima” più favorevole è quello improntato all’ascolto, che favorisce le relazioni interpersonali e consente la necessaria attenzione ai bisogni di ciascun bambino, alla cura dell’ambiente, dei gesti e delle cose. È un “clima” che produce una “comunità” in cui i bambini possano “scambiare punti di vista, confrontare le proprie interpretazioni attorno a fatti ed eventi, esprimere i propri pensieri, negoziare e condividere con gli altri le proprie opinioni” M. 254 del 16 novembre 2012 in G.U. n. 30 del 5 febbraio 2013.
Intendiamo la scuola/sezione come “ambiente di apprendimento” in cui lo strumento “lingua” è utilizzato per stabilire relazioni con gli altri nel corso di differenti situazioni comunicative legate al gioco o alle varie attività.
Le interazioni con i coetanei e con l’insegnante consentono infatti di condividere emozioni e pensieri; di imparare a esprimere le proprie idee e riconoscere agli altri il diritto di esprimerle; di ascoltare gli altri e sforzarsi di comprenderli; di spiegare le proprie esigenze; di usare il “diritto alla parola” per stabilire regole e risolvere i conflitti.
La vita di relazione è caratterizzata da ritualità e condivisione serene che incoraggiano il bambino ad essere a proprio agio nell’ambiente scolastico e a prendersene cura. Nelle situazioni di apprendimento così caratterizzate acquistano importanza l‘esperienza, utile per l’apprendimento di forme di conoscenza sempre più elaborate e consapevoli, e il gioco come attività fondamentale attraverso la quale i bambini vivono, raccontano, interpretano e combinano in modo creativo le esperienze personali e sociali.
L’identità del nostro Istituto, “Piccole Suore della Sacra Famiglia”, affida ai docenti il compito di testimoniare il messaggio evangelico, nello spirito della Chiesa.
Essi si devono impegnare a contribuire alla formazione integrale degli allievi ispirandosi ai valori evangelici, ponendo al centro della loro attenzione il bambino, aiutandolo a vivere dentro la famiglia e dentro la società, aperto alla Trascendenza, pronto a valorizzare tutte le sue energie e facoltà per promuovere la vita e il bene per sé e per gli altri.
Le insegnanti della Scuola dell’Infanzia “Sacra Famiglia” di Isola Vicentina (VI) hanno riflettuto sullo stile educativo che deve contraddistinguere tutto il personale docente della scuola. Come emerge dal Progetto Educativo, la nostra Scuola ispira la propria azione educativa ai principi di uguaglianza, di imparzialità, di accoglienza, di integrazione e di trasparenza.
L’attività scolastica risponde ai criteri di efficacia e di flessibilità nell’organizzazione dei vari servizi. La relazione educativa, quel modo particolare e intenzionale con cui ci mettiamo dentro la situazione in cui avviene l’esperienza di sviluppo e apprendimento del bambino, la colleghiamo al concetto del “prendersi cura”, inteso, in senso ampio, come l’essere capaci di gestire un processo di crescita, nella sua complessità, nelle sue dinamiche e interazioni. Governare tale processo, richiede, da parte di noi insegnanti, lo sviluppo di un atteggiamento mentale che si esprime appunto attraverso gesti e azioni di tipo relazionale, organizzativo e progettuale.
Per prendersi cura dei bambini occorre innanzitutto saper prendersi cura di sé e divenire consapevoli di quanto si è disposti a farsi coinvolgere a livello emotivo, affettivo, sociale e cognitivo. Si parte quindi da se stessi e si riflette sulle competenze e sulle risorse su cui si può contare come singoli e come gruppo docente (il modo di mettersi in relazione, la capacità di comunicare, le abitudini acquisite con l’esperienza, la padronanza di strategie organizzative e progettuali…). La relazione educativa si attua in ogni momento e attività della giornata scolastica, strutturandosi diversamente in relazione alle differenti tipologie di esperienza e ai linguaggi o sistemi simbolico culturali coinvolti. Organizzando i contesti di gioco e di attività, di routine e di esperienza, prevediamo perciò anche il modo di gestire la relazione.
L’apprendimento, nella nostra scuola, si attua in un clima di libertà, significativo, automotivato e basato sull’esperienza. L’insegnante si pone come obiettivo primario quello di di stabilire un rapporto efficace con i bambini fungendo da facilitatore dell’apprendimento.
Lo stile progettuale non si limita alla programmazione di attività didattiche ma si riflette sulla modalità di realizzazione di ogni momento della giornata, anche nelle cosiddette attività di cura o routine (igiene personale, pranzo..).
Il collegio ritiene fondamentale la responsabilizzazione dei bambini tramite l’individuazione di incarichi, la promozione della presa di consapevolezza di ciascun bambino di essere parte di una comunità di coetanei ed adulti.
Ciascun bambino è unico nei tempi di sviluppo, delle capacità e risorse, dei bisogni speciali di cui è portatore, ma è anche membro protagonista ed attivo di una “piccola società” e in questa sperimenta, spesso per la prima volta, limiti e regole.
La comunità educante condivide l’idea di uno stile educativo che cerca di non farsi travolgere dalla continua corsa della quotidianità, dal fare tante cose per produrre, ma una scuola che cerca di recuperare una dimensione del tempo a misura d’uomo e soprattutto di bambino (pedagogia della lumaca).